D: Come si è arrivati alla separazione in epoca moderna delle materie filosofiche da quelle scientifiche?
R: In epoca moderna c’è stata un’emancipazione delle scienze da un retroterra filosofico che era quello della scolastica di Aristotele, ma non una netta separazione dalla filosofia: difatti Galileo chiamava se stesso un “filosofo naturale”, utilizzando questo termine per intendere che quanto lui dicesse servisse a spiegare come funzionasse la natura. Se si pongono sotto analisi i grandi pensatori dell’epoca moderna – Descartes, Spinoza, Leibniz -, sono stati tutti “filosofi-scienziati”; da questo punto di vista dunque io non credo che in quel momento si assista a una “rottura” tra filosofia e scienze. Certamente le scienze acquistano sempre di più una funzione ed uno statuto autonomo dalla filosofia, per esempio mentre per Platone la matematica ha anche un valore morale, la matematica galileiana ovviamente non ha questo tipo di valore. Nel caso della formazione Italiana, lì c’è un altro elemento da constatare: la formazione Italiana per molti decenni è stata influenzata dalla cultura neoidealistica, che aveva una visione piuttosto opposta della filosofia alle scienze e questo riguarda alcuni dibattiti Italiani, ad esempio i dibattiti che hanno opposto Croce e Gentile ai positivisti per cui effettivamente in Italia si è molto sviluppata l’idea che la filosofia debba avere uno statuto indipendente dalle scienze. Se guardiamo al mondo anglosassone invece non è così: ancora oggi alcune università inglesi propongono corsi di studio che prevedono sia la filosofia sia la matematica e la fisica. Io non vedrei tanto una separazione legata ad un periodo storico, in ogni periodo la filosofia e le scienze sono state in dialogo reciproco e anche ovviamente in tensione reciproca e penso che questo dialogo e questa tensione arricchisca entrambe.
D: In quali modi quello che è il rapporto scientifico-filosofico platonico-aristotelico è rimasto e si è sedimentato anche nella nostra cultura generale e nel nostro inconscio collettivo?
R: Certamente stiamo parlando soprattutto della cultura europea e della cosiddetta cultura occidentale. Platone e Aristotele sono stati visti come due modelli alternativi di pensiero. In fondo è il modo in cui noi ancora oggi leggiamo l’affresco di Raffaello “La Scuola di Atene”: Platone che indica il cielo e Aristotele con la mano rivolta verso la terra; Platone il filosofo delle idee e Aristotele il filosofo della natura. Indubbiamente la differenza di visione di questi due pensatori ha lasciato una non indifferente impronta sulla nostra stessa percezione del mondo. Sono rimasti come due modelli di atteggiamenti differenti, uniti però – io credo – da un elemento comune: l’idea secondo cui il senso profondo della vita umana si trova nella ricerca del conoscere e nella pratica unita di scienza e filosofia. Eredità fondamentale lasciataci al giorno d’oggi, su cui possiamo continuare ad articolare riflessioni.