MA OGGI, “C’È ANCORA DOMANI”? – Recensione del film di Paola Cortellesi

Il 26 Ottobre 2023 è uscito nelle sale cinematografiche italiane il primo film diretto dall’attrice comica Paola Cortellesi. Ambientato nella Roma del dopoguerra, ha ricevuto il premio speciale della giuria e una menzione speciale come miglior opera prima alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma. La pellicola, che approfondisce la condizione della donna in quegli anni tanto nel contesto familiare quanto in quello sociale, ci riporta alla vita di Delia (Paola Cortellesi), madre di tre figli, moglie di Ivano (Valerio Mastandrea), che vive vittima delle violenze psicofisiche del marito e della società che la circonda. È il Maggio del 1946, Delia è “una brava donna di casa”: tiene il suo sottoscala pulito, prepara i pasti al marito e ai tre figli, accudisce il suocero scorbutico e guadagna qualche soldo rammendando biancheria, riparando ombrelli e facendo iniezioni a domicilio. Ciò nonostante talvolta le capita di rispondere e di non tacere in determinate situazioni, facendo innervosire il marito che ritiene giusto picchiarla quotidianamente. Ivano viene anche incoraggiato dal padre Ottorino, che talvolta lo rimprovera: “non je poi menà sempre, sennò s’abitua; una vorta ogni tanto, un fracco de legnate, ma FORTE, così capisce”. Delia trova sollievo nell’amicizia con Marisa, una donna spiritosa e ottimista, e in Nino, un meccanico con cui in passato ha avuto una relazione e che le ha chiesto di fuggire con lei. Un giorno Delia restituisce una foto di famiglia trovata per terra al soldato afroamericano William, il quale si offre di aiutarla dato che ha notato le violenze domestiche a cui è sottoposta quotidianamente. La donna riceve anche una lettera che, sebbene inizialmente intenda buttare, poi decide di custodire, traendo da essa la forza per reagire progressivamente alla sua condizione. Marcella, la figlia maggiore, alla quale capita spesso di assistere alle violenze subite dalla madre, la esorta più volte non solo a reagire, ma anche a fuggire per trovare una vita migliore. La ragazza nel frattempo sta frequentando il figlio del proprietario del rinomato bar del quartiere, Giulio, che vede come la possibilità di non andare incontro alla stessa sorte della madre. Ivano, in tale ottica, rileva piuttosto un piacevole tornaconto economico scaturito dalle possibili nozze tra i due. Dopo un imbarazzante pranzo coi consuoceri (dovuto al comportamento volgare del marito, dei figli e dello scorbutico suocero), Giulio fa la proposta a Marcella e lei accetta. Tuttavia Delia, assistendo a un episodio in cui Giulio minaccia la figlia dicendole che dopo il matrimonio sarebbe diventata sua proprietà, che non avrebbe più lavorato, e che non si sarebbe più dovuta persino truccare poiché avrebbe potuto attrarre l’attenzione di altri uomini, capisce che la figlia rischia di contrarre un matrimonio simile al suo, in cui verrebbe regolarmente vessata e umiliata. Con l’aiuto di William fa dunque esplodere il locale del futuro genero cosicché i suoi genitori vedano interrompersi il loro benessere e se ne vadano dalla città. Sembra che Delia sia decisa a scappare da Ivano accettando l’invito di Nino di fuggire insieme il 2 giugno, e a tal proposito ha preparato tutto: una camicia nuova, dei soldi e una borsa che ha nascosto per uscire presto senza farsi vedere. Tuttavia, lo stesso giorno il suocero muore improvvisamente e la donna si trova impossibilitata a fuggire. Ciononostante, il giorno dopo, prima di uscire, Delia lascia i soldi risparmiati dai suoi lavori a Marcella e si avvia per compiere finalmente ciò che aveva in programma: si reca di nascosto alle urne per votare al referendum che avrebbe decretato la scelta tra monarchia e repubblica e l’elezione dell’Assemblea costituente. La sua prima esperienza in merito, come per le altre donne d’Italia che quel giorno hanno segnato la storia. Avendo perduto per sbaglio in casa la tessera elettorale, rinvenuta prima da Ivano e poi da Marcella, si vede inseguita da entrambi. La figlia le riconsegna in tempo il documento valido per esprimere il proprio voto e si scambiano uno sguardo di fierezza, solidarietà ed orgoglio l’una con l’altra. La narrazione segue un filo molto chiaro e comprensibile per tutta la durata del film, per poi presentare un colpo di scena finale dove si apprende che Delia in realtà non è intenzionata a scappare con Nino, come tutti pensavano, ma che invece quella lettera ricevuta (che si credeva fosse stata scritta dal meccanico per chiederle di scappare) erano i documenti che le servivano per andare a votare. Si conclude così la trama estremamente realistica, che delinea, con una nota di ironia tanto sottile quanto tagliente, una condizione perpetuatasi purtroppo per molti secoli nella nostra storia. La donna percepita come un oggetto, spoglio di qualsivoglia valore, e come strumento funzionale allo svolgimento di mansioni esclusivamente domestiche emerge chiaramente nel personaggio di Paola Cortellesi all’interno di una commovente cornice romana. Ad insinuarsi veramente nella quotidianità di questo film è tuttavia il morbo opprimente della violenza, intesa nella sua crudele finalità di “pacificatrice”, in grado di riportare ordine ed equilibrio e di impartire una lezione definitiva dopo qualsiasi tensione o atteggiamento irriverente. Non a caso uno di questi episodi viene proposto attraverso una scena di danza tra Delia ed Ivano, nella quale ogni sguardo è incastrato in un gesto che segue il successivo attraverso una meccanicità volta a suggerire un’armonia quasi insolita per lo spettatore, eppure tremendamente abituale per i due protagonisti. Il vero messaggio di questo film trova spazio nella scena conclusiva, di grandissima incisività, nella quale il personaggio di Delia raccoglie il coraggio necessario per presentarsi alle urne ed esprimere il proprio voto alle elezioni. Inaspettatamente non sceglie di inseguire una nuova prospettiva di vita, che le si era presentata con la proposta di Nino. Delia non sceglie nessun uomo, sceglie sé stessa. Nell’azione del voto si concentra non soltanto il triste volto di una condizione condivisa dalle donne di qualunque ceto, ma al contempo la reale necessità di trarre frutto dalla solidarietà derivante da una simile situazione, per avviare un cambiamento nella maniera più efficace possibile. L’affermazione dell’individualità femminile, che non avviene nell’ambiente familiare, ma per la prima volta in un contesto di tipo sociale e politico attraverso l’espressione del singolo pensiero, ammutolisce il grido sferzante della violenza nella coscienza di ciascuno, compresi i giovani d’oggi. C’è ancora domani” è un film che intende ricordare a chiunque l’enorme vastità di possibilità che possono scaturire dalla speranza che la nostra storia non sia irrevocabile, ma che basti scegliere di agire consapevolmente per alterare in un singolo istante il corso degli eventi che seguiranno e l’ambiente che ci circonda. Perciò, vivendo nel nostro presente, sarebbe sempre opportuno tenere conto dell’intensità celata dietro i nostri gesti e magari domandarci: anche per noi “C’è ancora domani” per non scegliere la violenza?”

Autore

Lavinia de Sanctis & Sara Di Mascio

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