ROSALIE – Un breve racconto…

Sospirò soffiando sul tè e poi bevendone un sorso. Ad un certo punto, quasi stesse parlando con sé stesso disse: “Com’è triste la vita qui. Vorrei proprio tornarmene a casa da mia madre e dalle mie dolci sorelle, ma chissà che faccia farebbero e come sarebbero deluse! Non oserei più guardarle in faccia, per non parlar di mio padre! Il sol pensiero m’incute un certo timore. Eppure che posso fare? L’idea di passar tutta la mia vita qui non mi aggrada. Preferirei morire”. A quelle parole si interruppe, e sconsolato continuò poi a parlare sotto gli sguardi apprensivi delle due serve, che ormai avevano imparato ad ascoltare pazientemente tutto ciò che veniva detto loro: “Ma come posso parlar di morte! Io che ne ho vista così tanta. Che anima ingrata! La sorte si è rivolta contro questa famiglia, ma io non intendo continuare la sua scia di sangue.” Era così eccitato da questo discorso che le guance gli diventarono paonazze e il suo respiro più corto, irregolare. “Padrone, in questi giorni è orribile pensare alla morte. Dovrebbe esserle impedito. Dopo la morte di sua cugina Rosalie non è più lo stesso” disse Nelly. “Esca! Esca subito ho detto. Come osa pronunciare il suo nome, lei, nient’altro che serva! Non profani il suo nome, nessuno lo faccia finché ci sarò io in questa casa” le rispose irato il padrone. “Lei sa benissimo che sto dicendo la verità, nient’altro che verità. Rosalie non avrebbe voluto…” “Rosalie non c’è più, non finga che ci sia ancora. Inoltre non poteva ragionare per conto suo, chissà quanto avrete approfittato di ciò.” “Padrone. Non accetto che mi sia rivolta quest’insolenza: io ho passato tutta la mia vita con Rosalie. C’ero io nei suoi momenti bui e anche quando si è ammalata.” “Non osi rinfacciarmi questa cosa. Sa che la mia assenza non era volontaria. E ora esca, non voglio vedere il suo volto un istante di più.” Nelly, furibonda, non se lo fece ripetere due volte: in fretta e furia diede un cenno a Brigitte ed uscì scordandosi addirittura il vassoio col servizio da tè. Passarono un po’ di ore, quando il padrone accorse nella cucina dove si udiva il chiacchiericcio delle due serve. Il fuocherello acceso dava un’aria calda alla stanza, che purtroppo non riusciva a rallegrare le persone che ci abitavano. Nelly, sconsolata, era seduta su di una sedia di legno, molto diritta e scomoda, ma sembrava non notarlo nemmeno. Con una mano appoggiata sul duro tavolo si reggeva il capo e non percepiva ciò che diceva Brigitta, che intanto si occupava anche di preparare la cena. Il padrone vedendo ciò disse: “Brigitta, non serve affaccendarsi tanto. Questa sera non ho molta fame, mi basterà del tè”. A queste parole Brigitta si fermò e subito iniziò a riscaldare la teiera. Nelly non dava cenno di scompostezza e continuava imperterrita a restar in silenzio. “Nelly cara, basta esser arrabbiata con me. Al sol pensiero mi vergogno di tutte le parole che le ho rivolto. È stata molto importante nella vita di Rosalie. Io invece non ci sono mai stato, se non nei suoi ultimi momenti e mi dispiace. Però non si può riportare indietro il tempo, perciò mi consolerò con i suoi ricordi. Orsù Nelly, mi parli di lei”. Per un attimo non diede segni di aver capito alcunché, ma poi, tra le lacrime, disse: “Padrone, sono io a dovermi scusare. Sono stata ingiusta con lei, non è mai stata colpa sua. Ma la perdita della mia bambina, di Rosalie, mi strazia il cuore. La mia vita non sarà mai la stessa senza di lei. Ma vi racconterò la sua storia, così, per un’ultima sera, sarà ancora con noi.” “Non so bene da dove cominciare, oserei dire che mi mancano le parole…Ah, ecco: inizierò col giorno della sua nascita. Era un giorno freddo d’inverno e i padroni erano molto nervosi ed entusiasti. Un medico, qualche giorno prima, era venuto a visitare la mamma di Rosalie: si chiamava Elizabeth Mongertern, poi dopo il matrimonio assunse il cognome Ruth. Non so se si ricorda di lei.” Ad un cenno negativo dell’odierno padrone riprese:” Era molto bella, anzi, era la donna più bella del mondo. Era molto snella e slanciata, con un’altezza di molto inferiore rispetto a quella del padrone. Pensa che, per arrivare alla medesima statura, doveva mettersi uno sgabello sotto i piedi. Aveva lunghissimi capelli che sembravano un fiume dorato. Questi erano contrastati dai suoi occhi neri che scrutavano ogni cosa, senza lasciare nulla al caso. Questo suo sguardo era molto timoroso, ma pieno d’amore. Ci voleva ben poco per affezionarsi a lei. Era la seconda figlia di una famiglia nobile, è stata istruita molto per poi entrare nel mondo della danza. Quando l’ho vista ballare per la prima volta ne sono rimasta estasiata. Al tempo la loro servitù era formata da 12 donne come me e quindi scorrevano come un fiume in piena i pettegolezzi. Si diceva che avesse ballato su un grande palcoscenico nella bella Parigi. È proprio lì inoltre che vide per la prima volta Thomas. Era un contadinotto, molto robusto con capelli mori e gli stessi occhi neri della padrona. Insieme a dei suoi amici, si era intrufolato in uno dei suoi spettacoli. Ora non conosco bene i particolari, perché la padrona Elizabeth era molto riservata. So solo che, dopo aver annunciato il fidanzamento, fu ripudiata dalla famiglia e concluse la sua carriera. Furono sostenuti nei primi anni dalla famiglia di Thomas ma poi, grazie ai risparmi di quest’ultimo, acquistarono una villa modesta, che sarebbe stata poi lasciata pochi mesi dopo la morte di Elizabeth. Poi, due anni dopo, nacque Rosalie. Era un giorno freddo d’inverno ed era stato irrequieto fin dal primo momento. Un medico era già venuto due settimane addietro per visitare Elizabeth perché era ormai noto che fosse di natura cagionevole.

Autore

Cecilia Botti

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