Quando la competizione diventa prepotenza? Ognuno di noi, nella propria vita, è entrato in competizione per qualcosa: una gara, un gioco, un lavoro di gruppo, un riconoscimento, un voto scolastico. Fin da bambini ci hanno insegnato a competere: battere i nostri genitori a carte, i nostri cugini a chi salta più in alto, i nostri nonni a chi cucina meglio. La competizione, insomma, è un comportamento che ha radici antiche, che fa parte della vita di tutti i giorni ed è insita in noi, ci stimola rendendoci più curiosi di argomenti, tematiche e aspetti. Talvolta però la competizione diventa malsana, perché pur di centrare l’obiettivo si cerca di screditare e umiliare il più possibile l’altro, mettendone in risalto le debolezze. Il concetto di mutuo soccorso si azzera, tanto è grande la brama di dover raggiungere il proprio traguardo. Ma quali sono veramente i motivi che ci spingono a tali comportamenti? Perché abbiamo bisogno di umiliare gli altri per metterci in luce? Talvolta la competizione malsana è solo la maschera di una cattiveria innata, talvolta nasconde un’insicurezza che non si vuole mostrare e che spinge le persone ad un’aggressività sempre maggiore. Quale che sia il caso, la competizione malsana non porta al raggiungimento dei propri obiettivi, ma piuttosto al cosiddetto “burn out”, l’esaurimento dovuto all’eccessiva ossessione di una persona verso il proprio obiettivo, l’oggetto del desiderio, un’attitudine o un comportamento. Di fatto la competizione malsana ci spinge a volere sempre di più privandoci di una gran parte del tempo che potremmo sfruttare in modo più proficuo, come creare amicizie, uscire, avere del tempo per noi. Stare bene con noi stessi e avere una mente priva di atteggiamenti prevaricatori aiuta l’equilibrio mentale, che è molto più importante di un voto alto, di un lavoro ottenuto o di essere in cima alla lista dei migliori. Il voto ricevuto o il giudizio degli altri non identifica mai chi siamo. Di contro, vivere una sana competizione ci rende potenti soprattutto in termini sociali: il nostro bagaglio culturale si espande, la nostra mente accoglie le idee altrui, le elabora e le mette a disposizione della comunità. Accogliere il punto di vista degli altri è segno di maturità e apertura mentale.