Porto di Tripoli, febbraio 1941: Erwin Rommel, è appena arrivato in Africa. Il suo nome già era noto ai suoi corrispettivi britannici. Lo avevano conosciuto sui campi di battaglia dell’Artois e delle Fiandre, dove, al comando della “7^ Divisione Panzer” (soprannominata poi “fantasma”), aveva seminato panico e terrore tra le file degli Alleati. Famoso era diventato il suo sprezzo del pericolo, il suo coraggio e le sue azioni fulminee. Qui, mentre osserva lo sbarco dell’Afrikakorps, giunto in Libia per supportare l’armata italiana, comincia ad avere contatti con alcuni ufficiali del Regio Esercito, che lo accolgono tra le loro file. Uno di loro, nota una decorazione particolare, appuntata sulla divisa: si tratta della “Pour le Mérite”, la più alta onorificenza concessa all’interno dell’esercito tedesco. Senza pensarci due volte, l’ufficiale italiano chiede a Rommel dove l’abbia ottenuta. Quest’ultimo lo guarda, sorride, e risponde: “Longarone!” Proprio così, le fortune militari di Rommel non erano cominciate nel deserto africano o durante l’operazione Fall Gelb. Erano iniziate molti anni prima, come ufficiale di fanteria durante la Grande Guerra. Egli si distinse all’interno dell’esercito del Wuttemberg (una componente dell’esercito tedesco) prima sul Fronte Occidentale e poi sul Fronte transilvano, al comando di una compagnia da montagna. Con la capitolazione della Romania, il suo gruppo venne integrato nell’Alpenkorps, un corpo di spedizione tedesco inviato dal Kaiser Guglielmo II in aiuto dell’alleato austro-ungarico contro l’esercito italiano. Fu proprio all’interno di questo corpo di élite che Rommel ottenne i suoi primi clamorosi successi. In primo luogo si ricorda l’assalto ai monti Kolovrat e Matajur, rilievi delle Prealpi Giulie che nel 1917 facevano parte della linea difensiva italiana sul fronte isontino, dai quali era possibile sovrastare la valle del fiume Natisone, la città di Cividale del Friuli e la pianura friulana. Con l’offensiva del 24 ottobre (anche nota come battaglia di Caporetto), Erwin Rommel compie il suo primo grande successo. In circa 50 ore di marce forzate sul terreno impervio e montuoso, riesce a spingere i suoi uomini a conquistare la vetta del Matajur, sbaragliando completamente quel settore che era stato affidato al comandante Pietro Badoglio, difeso dalle brigate “Arno” e “Salerno”. Durante questo assalto dei tedeschi, ci fu una tale impreparazione da parte dei soldati italiani e dei loro comandi, che collassarono tutte le linee difensive, a tal punto che intere brigate o vennero catturate o furono distrutte o si ritirano verso Ovest, esponendo così anche le retrovie al nemico, a partire dall’artiglieria: gli artiglieri italiani furono così costretti ad abbandonare o sabotare i loro pezzi. Dopo aver attraversato il Tagliamento e solamente dopo due settimane dalla conquista del monte Matajur, Rommel realizzò un altro grande successo militare: la battaglia di Longarone. Percorrendo una distanza di circa cento chilometri, passando per la valle del Vajont, il generale approfittò dell’oscurità per attaccare le truppe italiane in ritirata dal fronte del Cadore verso Sud. Al prezzo di un solo morto e pochi feriti, riuscì a catturare diecimila prigionieri con innumerevole materiale bellico. Proprio a Longarone, per quel successo, Rommel si era guadagnato la prestigiosa onorificenza “Pour le Mérite”, poiché era riuscito a catturare l’equivalente di una divisione al comando di poche compagnie da montagna. Conseguì questa impresa con un attacco a sorpresa, sfruttando la notte e puntando sull’impreparazione del nemico. Con il successo di queste operazioni, la linea del fronte si fermò sulla linea del Piave e del Monte Grappa. Durante le offensive austriache di primavera del 1918, il generale partecipò agli scontri avvenuti intorno al Monte Grappa: sempre con l’effetto sorpresa tentò di assaltare il Monte Spinoncia, da lui stesso definito come “spina nel fianco delle difese italiane”, passando per un territorio impervio e con oltre ottocento metri di dislivello. Qui però, il suo attacco venne respinto e arginato dall’esercito italiano, con il contributo di un contingente di Alpini francesi giunti in loro soccorso. A ricordo di questa impresa, Rommel scrisse sul suo diario: “… i fucilieri da montagna ebbero di fronte, nella zona del Grappa, truppe italiane che si batterono benissimo e seppero sotto ogni punto di vista, compiere il loro dovere. Là non poterono essere conseguiti i successi come quello di Tolmino…”. Con il fallimento dell’offensiva austriaca, i tedeschi richiamarono in patria i loro soldati, e Rommel, nel primo dopoguerra, divenne istruttore nella scuola di fanteria di Dresda. Questo fu solo l’inizio di una leggenda, da alcuni analisti paragonata a Scipione l’Africano, ad Annibale e a Giulio Cesare per il suo genio tattico.