Dopo la lunga pausa, ricomincia la scuola e ricomincia anche il giornalino. E quale miglior modo di iniziare questo 2022 con una bella serie su disastri, distruzioni e truffe? A novembre il famoso rapper Travis Scott è rimasto al centro delle polemiche, per il disastro avvenuto durante il suo Astroworld Festival di Houston, dove morirono 10 persone a causa di una calca. E quando ho pensato a questa tragedia, mi sono subito venuti in mente due manifestazioni che furono dei disastri epocali, tanto da essere ricordati come i peggiori eventi musicali di sempre. Sto parlando del Fyre Festival e di Woodstock 99, e in questo articolo nella fattispecie tratterò del primo. Attenzione: sebbene Woodstock 99 sia, in ordine cronologico, successivo al Fyre Festival di 18 anni, il mio non è un ordine cronologico, ma un ordine di gravità e clamorosità degli eventi avvenuti durante i rispettivi festival. Detto questo, iniziamo a parlare della prima di queste sagre del disastro.
Atto primo: Incubo alle Bahamas
Tutto inizia nella mente di un giovane imprenditore americano di nome Billy McFarland. Già CEO del social media Spling, e persona molto influente nel mondo della finanza americana, nel 2016 l’imprenditore si mise d’accordo con il rapper e suo collega Ja Rule per organizzare un festival musicale alle Bahamas. Si sarebbe svolto per due settimane tra aprile e maggio del 2017 nell’isola privata di Fyre Cay, presunta proprietà del signore della droga colombiano Pablo Escobar: sarebbe stato un evento senza denaro contante – i partecipanti avrebbero acquistato beni attraverso dei punti collezionati nei loro braccialetti e ottenuti attraverso un’app, i “Fyre Bucks” – e avrebbe previsto bungalow privati di lusso per ogni partecipante, cibo gourmet e soprattutto tanta, tanta musica, anche di artisti famosi: basti pensare che avevano promesso la partecipazione di artisti del calibro di Pusha T, i Blink-182, Tyga, i Migos, Lil Yachty, Skepta e tanti altri. Uno degli aspetti su cui McFarland investì di più fu la pubblicità: vennero realizzati molti spot per promuovere questo evento, mostrando le promesse fatte di cui sopra, e vennero pagati con ricchi compensi molti celeberrimi influencer e attori come Kendall Jenner, Bella Hadid e Emily Ratajkowski per promuovere il festival, e incentivare quanta più gente possibile a partecipare. I prezzi per il bigliettto variavano, e potevano andare dai 500 dollari per il biglietto base, fino a 12.000 dollari per il biglietto VIP; ciò nonostante circa 5000 persone comprarono il biglietto. Quello che quei poveri sventurati non sapevano è che all’aeroporto, avrebbero tutti trovato delle brutte sorprese…
Per cominciare, tutti i voli che dovevano partire dall’aeroporto di Miami per andare a Fyre Cay vennero cancellati, tranne uno: fortunati quelli che non ci poterono andare! Per i circa 277 che ci andarono, al gate li attese un volo charter per accompagnarli a destinazione, e poi all’aeroporto di “Fyre Cay” (il virgolettato lo capirete in seguito) li attese uno scuolabus per portarli ai loro “bungalow”. Già le lacune parvero evidenti dalla scelta dei mezzi di trasporto – voli charter e scuolabus per un festival di super lusso non sembravano i mezzi più opportuni – ma la cosa peggiorò quando si scoprì che l’isola privata di Fyre Cay in realtà era inesistente: il luogo predisposto per il festival non era altro che un grande parcheggio di uno stabilimento balneare, preparato e leggermente livellato per l’occasione, situato nell’isola di Great Exuma (isola maggiore dell’arcipelago delle Exuma, n.d.r.), popolata da quasi settemila abitanti. Il peggio fu quando i partecipanti arrivarono ai loro “bungalow”, che altro non erano che dei tendoni, simili a quelli forniti dalla UNICEF per accogliere rifugiati nei vari paesi, non essendo per giunta tutti quanti dotati di letti. A questo punto si sarebbe potuto pensare di cambiare alloggio e prenotare una sistemazione migliore, ma era alta stagione, e in tutta l’isola vi era il tutto esaurito. L’organizzazione si mostrò in tutta la sua inefficienza la sera, all’arrivo dei bagagli dei viaggiatori in una nave container: siccome non vi era uno staff adeguato a garantire la sicurezza di tutti i partecipanti, sia per numero sia per mancanza di organizzazione interna, non furono purtroppo rari furti di bagagli e razzie. Siccome non vi erano, come già detto, abbastanza letti per tutte le tende, vi furono anche in quell’occasione furti di letti e incendi di tende. Nemmeno gli oggetti di valore erano sicuri: i sistemi di sicurezza erano dei miseri armadietti posti nel mezzo dell’accampamento, per giunta incustoditi; i bagni erano dei bagni chimici sparsi per tutto lo spazio, e non vi erano chioschi del festival adibiti all’acquisto di cibo e bevande extra (il che sarebbe stato auspicabile, vista la scarsa qualità e quantità del cibo servito di base). Questo fu un problema molto più grave di quanto si potesse pensare, in quanto nessuno si era portato del denaro contante – doveva essere un festival senza soldi – e, come già detto, i beni venivano acquistati attraverso la moneta virtuale Fyre Bucks che, in assenza di chioschi e luoghi di acquisto, divennero pressoché inutili (anche se almeno i pochi membri dello staff presenti iniziarono a distribuire tequila gratis agli ospiti in un vago tentativo di calmare gli animi).
E, come ciliegina sulla torta, non vi fu nemmeno la musica. Tutti i musicisti annunciati cancellarono la loro partecipazione al festival, quindi non c’era nemmeno questa fonte di intrattenimento (anche se, a dirla tutta, alcuni come i Major Lazer nemmeno avevano confermato la loro partecipazione all’evento). Nemmeno lo stesso Ja Rule, principale promotore del festival, fu presente: in quel momento stava facendo un concerto a Chicago.
Le condizioni divennero insostenibili: la gente iniziò a chiedere aiuto all’ambasciata americana nelle Bahamas per essere riportata a casa, e la situazione arrivò ad una gravità tale da spingere il ministero del turismo bahamense con una nota ufficiale a dissociarsi dal festival, a chiedere scusa ai partecipanti e ad ordinare la chiusura dell’evento. Ma le tribolazioni non finirono lì…
L’esodo dall’isola diede anch’esso i suoi problemi: infatti il piccolo aeroporto di Great Exuma si ritrovò, da un giorno all’altro, a dover ospitare per ore e ore centinaia e centinaia di persone accaldate, affamate e assetate in attesa del primo volo disponibile per gli USA: il quadro peggiorò quando la dirigenza dell’aeroporto decise di chiudere a chiave le porte d’ingresso – addirittura con catene – imprigionando effettivamente i passeggeri all’interno dell’edificio, e riaprendo le porte solo a seguito dello svenimento di una giovane.
E così finì il festival, tuttavia i postumi si fecero sentire: numerosi forum e siti internet nacquero in quel periodo, tutti dedicati a documentare i vari problemi del festival e della sua organizzazione. McFarland si scusò pubblicamente per il disagio con un video, asserendo come scusa l’arrivo improvviso di un tornato che avrebbe spazzato via tutte le strutture promesse per i gitanti, e offrì loro due alternative: un rimborso completo oppure un biglietto gratis per il Fyre Festival che sarebbe stato in programma per l’anno dopo. Non c’è nemmeno bisogno che io dica quale scelta andò per la maggiore. Oltre che dal punto di vista sociale, l’imprenditore soffrì conseguenze anche sul piano legale ed economico: infatti, oltre al fallimento delle sue compagnie, venne processato con dieci capi d’accusa per frode: sei federali e quattro individuali. Ad ottobre del 2018 è stato condannato a sei anni in un carcere federale e ad un risarcimento pari a ventisei milioni di dollari. Riguardo ai partecipanti, ad aprile dell’anno scorso si è raggiunto un accordo per il loro risarcimento, pari a circa 7200 euro a testa.
Un evento del genere più che un festival fu un incubo: ma se vi dicessi che Woodstock 99 fu ancora peggio? Per sapere come, non perdetevi il prossimo articolo.