“Il Grande Gatsby”
“in lui c’era qualcosa di splendido, una sensibilità unica per le promesse della vita (…) una sollecitudine romantica come mai ho trovato in altri e molto probabilmente mai più troverò”
Nick Carraway su Jay Gatsby
“Il Grande Gatsby” è probabilmente il romanzo più conosciuto di Francis Scott Fitzgerald, pilastro della letteratura americana della prima metà del ‘900, di cui vi proponiamo un commento e una recensione.
Nick Carraway è un giovane di belle speranze arrivato dal Middle West degli USA nella sfavillante New York, in cerca di fortuna. Trova alloggio nella (immaginaria) località di West Egg, vicino la maestosa magione di Jay Gatsby, un misterioso milionario, famoso per le sue meravigliose serate mondane. Fatta conoscenza con Gatsby Nick viene invitato a una delle sue feste, ed è qui che la storia inizia. Nick fa conoscenza con i personaggi che frequentano i party di Gatsby; con il padrone di casa nasce una amicizia vera e propria, alimentata dal rispetto reverenziale di Nick nei confronti della persona (e del successo) di Gatsby.
Nick, via via che la storia si sviluppa, conosce le vere origini di Gatsby (al secolo James Gatz) e il suo folle amore per la cugina di Nick, Daisy, che abita esattamente dal lato opposto della baia, nel quartiere ricco ed esclusivo di East Egg. Nick la descrive come dal viso “Triste e bello con dentro cose luminose, occhi luminosi e una luminosa bocca appassionata” e dice della sua voce “Era il tipo di voce che l’orecchio segue su e giù, come se ogni discorso fosse un arrangiamento di note che non verrà mai più suonato”. Continuando nel romanzo conosciamo gli altri personaggi intorno a quali la storia si sviluppa, Jordan Baker, giocatrice di golf con cui Nick ha una breve relazione, Tom Buchanan, il marito di Daisy, un autoritario e ricco ex campione di football, il signor George Wilson, che gestisce una piccola autofficina, a metà strada tra West Egg e New York, e sua moglie Myrtle, l’amante di Tom.
Arrivando agli ultimi capitoli in un crescendo di intensità drammatica, la crisi scoppia mentre il gruppo dei protagonisti e Tom e Jordan, si trovano in una stanza del Plaza Hotel di New York per passare il pomeriggio. Daisy è quasi convinta ad abbandonare il marito ma Gatsby commette un errore: le chiede di affermare di non aver mai amato Tom. Lei non può farlo, e Gatsby, sconfitto, decide di riaccompagnare a casa Daisy, seguito dopo poco da Tom, Jordan e Nick. Sulla via del ritorno accade la tragedia: Daisy alla guida dell’auto di Gatsby investe Myrtle Wilson, davanti all’autofficina del marito; il giorno dopo Gatsby viene trovato morto nella sua piscina, a pochi metri da lui nel prato, George Wilson, morto a sua volta e con una pistola in mano.
Il romanzo è incentrato sui temi della solitudine e dell’abbandono. Dietro la lucentezza della vita, lo sfarzo, dietro le amicizie, le conoscenze, dietro i vestiti da cocktail, le auto lussuose, dietro il gaudio e la tenerezza della notte, dietro la figura di Gatsby “il grande”, si nascondono le ombre, la solitudine spirituale di Jhon Gatz l’uomo. Fitzgerald ci racconta l’avventura di Gatsby, e quindi globalmente la l’età del jazz, come un bagliore affascinante di luci, ma effimero e falso, come la felicità e le amicizie di Gatsby; e l’uomo, attratto da tanta lucentezza, finisce inevitabilmente per cadere di fronte alla durezza e alla freddezza che si nascondono dietro quella coltre splendente.
Così finisce Jay Gatsby, come aveva iniziato, prima povero materialmente e ricco di speranze, alla fine ricco di beni ma povero e solo spiritualmente.
Fitzgerald in questo libro muove un’aspra critica verso l’effimero ideale dell’Età del Jazz del milionario mondano e potente come Jay Gatsby, tuttavia giustificandolo, e nobilitandolo a tal punto che agli occhi del lettore Gatsby risulta come un cavaliere, un vero eroe romantico che ha combattuto fino all’ultimo per il suo ideale, anche se chi aveva suscitato quell’ideale lo aveva abbandonato. Si deduce dunque che il vero antagonista di Gatsby è Daisy; lei ha professato di amarlo e poi lo ha abbandonato senza una parola né un addio, lo ha lasciato nella solitudine dimenticandosene, anche se lui non si era mai dimenticato di lei; dopo l’incidente Gatsby era pronto a prendersi la colpa di tutto, a scontare la pena della sua amata, ma lei lo aveva già cancellato e si era ritirata nella sua coltre d’avorio perché, come dice Nick nel capitolo finale “Erano sventati, Tom e Daisy, rompevano cose e creature e poi si ritraevano nei loro soldi o nella loro vasta sventatezza o qualunque cosa fosse a tenerli insieme, e pretendevano che fossero gli altri a ripulire lo sporco che avevano lasciato in giro”.
“Il Grande Gatsby” è univocamente riconosciuto come un vero capolavoro della letteratura del ‘900. Fitzgerald padroneggia uno stile estremamente asciutto nello spiegare concetti vastissimi come la solitudine di un uomo, la sua narrazione costante che dà anche ad argomenti o azioni di poco conto, un tratto favoleggiante, di un qualcosa sospeso in un attimo che non avrà possibilità di ripetersi mai, la caratterizzazione che rende i personaggi delle figure mitiche e al tempo stesso estremamente umane; tutto ciò lo rende un autore così profondo, che è impossibile non amare.