INTERVISTA A GIULIO GUIDORIZZI – Intervista al celebre traduttore ed ellenista

D: Il mito e la scienza spesso offrono due punti di vista estremamente differenti sull’analisi: da un lato, il mito cerca le cause antiche per giustificare il presente, mentre la scienza, partendo da un caso concreto e contemporaneo, analizza empiricamente tutto ciò che c’è prima per risalire alle cause. Secondo lei, queste due prospettive sono in qualche modo conciliabili?

R: Sì, si possono conciliare perché appartengono entrambe alla stessa sfera: quella del pensiero umano. Il mito è una forma molto antica di riflessione sulle cause, sulla natura e sull’essere umano. Da lì inizia una lunga strada: la scienza si è sviluppata ovunque, coinvolgendo ricercatori di tutto il mondo su ogni tema, tuttavia, ricordiamolo, la scienza è nata in Occidente: i primi scienziati furono i greci, che lavoravano con strumenti limitati come gli occhi e le mani. Dove è nata la medicina? Dove è nata la scienza dello spazio? La matematica, sebbene praticata anche da altri popoli, è stata sistematizzata dai greci. E la geometria? Insomma, lo stesso popolo che ha prodotto i più grandi miti ha anche dato inizio a un altro modo di pensare, e questo dovrebbe essere storicizzato e non dimenticato.

D: Quando guardiamo un cielo stellato, siamo colpiti dall’immensità della natura, dal ‘sublime’. Se colpisce noi moderni, abituati a enormi macchine, schermi ad altissima definizione e grandi meraviglie tecnologiche, con standard così alti, mi chiedo quanto colpisse di più gli antichi e per quali motivi. Riuscivano forse a godere meglio di un tale spettacolo?

R: Potevano godere meglio del cielo perché erano meno distratti da altre cose e, soprattutto, avevano la possibilità di osservare il cielo di notte, anche se non facevano calcoli astronomici. Quindi l’interesse per la natura era una parte di quella vasta attrattiva per il mondo naturale in cui vive l’uomo: i greci consideravano l’uomo la misura di tutte le cose, come affermato, per esempio, da Protagora. Se l’uomo è la misura di tutte le cose, l’ambiente in cui vive è il centro dell’osservazione umana. Oggi la scienza può essere oggettiva, ma nell’antichità è cresciuta con il pensiero matematico e scientifico dei greci, sviluppandosi grazie alla curiosità. Aristotele, all’inizio della ‘Metafisica’, afferma che il desiderio di conoscere accomuna tutti gli uomini nel piacere. Tutti trovano piacere nella conoscenza, quindi anche noi moderni, nonostante i nostri limiti individuali. Questa grande frase di Aristotele ci insegna che piacere, conoscenza e scienza fanno parte dello stesso processo psicologico e culturale.

D: La letteratura greca è costellata di numerosissimi Aitia che parlano di stelle e costellazioni; i primi che vengono in mente sono sicuramente la Chioma di Berenice e la Cintura di Orione, ma ce ne sono innumerevoli altri. Qual è il suo preferito? Le va di raccontarcelo?

R: Sa che non so qual è il mio preferito? Sono tutti talmente belli! Mi piace l’Orsa Maggiore, ad esempio, ma anche la Chioma di Berenice, scritta da Callimaco e tradotta da Catullo, che lei ha citato in precedenza. Una chioma di una regina nel cielo: questa è La Chioma di Berenice. L’evento accadde quando Berenice sposò Tolomeo, re d’Egitto; dopo la prima notte insieme, Tolomeo partì per una spedizione in Siria, Berenice, invece, rimase in patria. Si tagliò un ricciolo della chioma e lo posò nel tempio di Arsinoe come pegno per la salvezza del marito. Il giorno dopo, entrando nel tempio, notò che il ricciolo era scomparso. Non sappiamo cosa sia successo: potrebbe essere scomparso per via di un rito magico (la magia coinvolgeva spesso i capelli di una persona, usati in pratiche voodoo o amatorie), oppure un sacerdote potrebbe aver rimosso il ricciolo perché non voleva che un capello umano venisse venerato. Non ci è dato saperlo, fatto sta che la chioma era sparita. Scandalo e sconcerto seguirono, ma a trovare la soluzione al problema fu l’astronomo di corte: la ciocca di capelli scomparsa era finita in cielo. Proprio in quei giorni, infatti, aveva scoperto alcune piccole stelle nella costellazione del Leone e, per tranquillizzare la regina, le disse che quelle fossero parte della sua chioma. Da quel momento quella costellazione venne ricordata come la Chioma di Berenice, rappresentando così la gloria della regina e l’astuzia dell’astronomo.

Autore

Giulio Giagnoni, Marco Torquati & Elena V. Turin

Whatsapp Image 2023 01 11 At 20.55.37

L’accesso al sito può essere effettuato esclusivamente con l’account d’istituto.

PRIMA DI REGISTRARTI AL SITO, LEGGI QUI