La capanna del Veggente: Izanagi e Izanami pt.2

Il regno dei morti: una terra arida ed inospitale, dove non filtra neppure il più lieve raggio di luce. L’aria iniziava ad impregnarsi di un nauseabondo odore di morte ed il suono dei passi si confondeva con i lamenti delle anime, che ricordavano la loro vita passata e piangevano la loro dannazione presente. Izanagi non vi fece caso e continuò lentamente il suo percorso, fin quando una luce fioca accompagnata da un tintinnio non apparve in lontananza. Gli si palesò allora davanti agli occhi un enorme cervo bianco, dal manto liscio e brillante e con corna immense, ricoperte da campanellini e nastri rossi; sulla sua groppa c’era una figura snella, ricoperta da delle lunghe vesti di seta bianca, con una torcia in mano ed un largo cappello di paglia calato sul volto. La donna, perché così appariva ad Izanagi, lo guardò e, dopo aver staccato un campanellino dalle corna del cervo, iniziò a parlare.

“Salute a te, Izanagi no Mikoto. Non credevo di vederti qui. Almeno, non così presto. Dimmi: perché mai un uomo, anzi, un dio così potente come te è finito nella tetra foresta di Yomi?” “Non è nulla che ti riguardi. Tu, piuttosto, cosa vuoi da me?” disse Izanagi, stringendo l’elsa di Ame no Ohabari “Stai forse cercando di ingannarmi?” “Oh, non potrei mai. E, conoscendoti, proveresti subito a tagliarmi la testa con quella spada, ma sappi che non terrà le anime violente lontane da te. Tieni, prendi – disse la donna, lasciando scivolare il campanellino nella mano possente di Izanagi – e legalo a quel pezzo di ferro che ti porti dietro. Serve per tenere lontani gli spiriti inquieti. Ora, però, dimmi: come mai sei venuto qui?” chiese la donna porgendogli la torcia e guardando l’uscita “Sto cercando mia moglie: Izanami no Mikoto. Se n’è andata circa tre giorni fa ed ora sono qui per riportarla a casa.” “Grande Izanagi, in molti attraversano la porta di Yomi perché non sopportano la mancanza dei propri cari, ma vorrei che ti fermassi e ti chiedessi: è la cosa giusta da fare?. Se sei davvero sicuro di ciò che vuoi fare, allora non ti ostacolerò, ma voglio sentirlo detto da te.” “Ne sono certo.” disse Izanagi. La donna rimase in silenzio, col cappello fermo sopra al viso. Dopo un po’, rispose: “Va bene. Procedi pure, io non ti intralcerò” e, così dicendo, strappò la torcia dalle mani del dio. “Perché lo hai fatto?” chiese stupefatto “Ho detto che non ti ostacolerò, ma non ho mai detto che ti avrei aiutato ancora. Solo alle anime dei morti è concesso vedere oltre il velo dell’oscurità. Solo alle anime…e a me.”

Detto ciò, di quella misteriosa figura rimase solo la fioca luce della torcia, che si spense allontanandosi nel buio. Devi sapere che nella terra di Yomi il tempo non esiste: si può vagare in eterno senza invecchiare mai, col rischio di rimanere bloccati per sempre a cercare chi si è amato. Dopo un giorno, alcune settimane, un mese oppure un anno intero, Izanagi si sentì chiamare.

“Izanagi? Izanagi! Amore mio, sono qui! Sono io: Izanami! Girati, tendimi la mano! Sono proprio qui, davanti a te!” disse Izanami con la voce spezzata dalle lacrime. Lui si voltò di scatto, tese la mano e sentì il tocco leggero di quella della moglie. “Amore, che gioia! Sono qui per riportarti a casa, dai nostri figli! Per poter stare di nuovo insieme per sempre!” “Oh, Izanagi, – disse Izanami con voce triste – io non posso tornare a casa. Ho mangiato il cibo dei morti, ho bevuto alla fonte dei miasmi. Io non posso più tornare a casa…” “Questo non significa nulla, io ti trascinerò via da qui. Avanti, andiamo all’uscita.”

E così, guidati dalla vista di lei, i due innamorati uscirono da quella cupa foresta ed Izanagi lanciò un grido di gioia. Ma quando furono completamente fuori, al chiarore della Luna, quel grido si trasformò in un urlo. Un urlo di terrore. Guardando la sua amata, non vide la donna che aveva amato. La carne era putrida, priva di pelle a tratti, con muscoli ed ossa esposte e lacerate. Queste erano rotte e penetravano la carne, mentre il viso era sfigurato: non si vedevano più le labbra né la bocca, le larve le avevano mangiate, così come l’occhio destro e la guancia, lasciando esposti i muscoli ed i denti. Il sudario che portava era sporco di sangue e fango, strappato all’altezza del costato, così da lasciar intravedere gli organi. Izanagi tirò un calcio ad Izanami, e così la rispedì oltre la porta. Allora tagliò la sommità della grotta con la sua spada, sigillando quell’entrata per sempre. Dopodiché fuggi, senza voltarsi. Dalla sua parte, la povera moglie, confusa e triste, iniziò a disperarsi.

“Che cosa…che cosa ho fatto? Lui non mi ama più? Io non vado più bene? Amore, mi senti? Sono sempre io…sono sempre la donna che ami. Io…” ma l’unica cosa che riuscì a sentire erano i passi di Izanagi che si allontanavano. “Io lo avevo avvertito,” disse una voce alle sue spalle “ma forse avrei dovuto essere più diretta. Tirati su, gentile Izanami, tu non hai colpa, è ciò che accade a chi viene qui senza il mio permesso: nessuno esce da Yomi con ciò che stava cercando.” “Tu…chi sei? Come conosci Izanagi?” chiese in lacrime la donna “Il mio nome è Shi. Credevo mi avresti riconosciuta, visto che sono stata io a portarti qui” disse la morte, smontando dal cervo bianco. Si avvicinò ad Izanami e la abbracciò. “Ora dobbiamo andare. Credimi: è meglio così.” e così ripartirono verso la foresta di Yomi. Da allora, Izanami è divenuta un demone e regna sulle anime di colore che muoiono credendo in lei. Izanagi invece, è ancora vivo, ma è debole. Ha appeso il campanello donatogli dalla morte sull’uscio, per evitare che delle anime mandate come sicari lo uccidano nel sonno. Da allora, è tradizione appenderli fuori da ogni casa. Nel frattempo, il dio del Sol Levante aspetta. Aspetta, con grande paura, il momento in cui dovrà finalmente ricongiungersi con la sua sposa.

È questo che accade a coloro che non accettano l’arrivo della morte: devono farne i conti, anche se indirettamente. Shi non ha mai portato rancore per Izanagi, né per nessuna anima. Ella compie solo il volere del fato, indipendentemente da chi debba incontrarla. Sento che la tempesta non è ancora passata. Vuoi del tè? Oppure preferisci un’altra storia?

Autore

Simone Di Pinto

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