LA DONNA ALLE ORIGINI DELLA CULTURA GRECA | Le condizioni della donna nella grecità

La donna lungo l’intera storia dell’umanità ha visto numerosi cambiamenti circa la sua emancipazione e il riconoscimento di un ruolo più dignitoso e paritario rispetto all’uomo nella società, sebbene abbia conservato, fino a tempi più recenti, una parziale o totale subalternità nei confronti del mondo maschile. Per questa breve analisi ho scelto di prendere in considerazione la Grecia arcaica, patrimonio intramontabile per il presente e per il futuro.

Fonti di valore inestimabile per una migliore comprensione di un’epoca così lontana da noi e ormai quasi del tutto perduta nei secoli, sono i poemi omerici, unica flebile luce in grado di illuminare l’immensa oscurità che avvolge i primi secoli dello sviluppo della civiltà Greca, all’interno dei quali, insieme ad elementi mitici e folkloristici, sono individuabili chiari riferimenti alla vita quotidiana, agli usi e ai costumi appartenenti a un tempo antichissimo, al confine tra fantasia e storia.

Proprio in Omero infatti, oltre ai primi elementi fondanti della nostra letteratura, iniziano ad affermarsi i primi personaggi femminili della storia: da umili schiave a regine, tutte, però, accomunate da analoghe caratteristiche.
All’interno dell’Iliade facciamo quasi subito la conoscenza di due donne il cui status è pressoché identico: la prima è Briseide, concubina dell’eroe acheo Achille, l’altra è Criseide, figlia del sacerdote di Apollo Crise e schiava del condottiero Agamennone.
Esse appaiono come dei veri e propri oggetti, di cui i potenti proprietari possono disporre liberamente. Non sarà infatti un legame affettivo la ragione dello scontro tra Achille e Agamennone, ma la cessione forzata delle fanciulle da parte di entrambi, un tremendo disonore, pari a quello che si subirebbe per la perdita del proprio bottino.
Sul fronte Troiano, non si può non menzionare un’altra famosissima donna, moglie dell’eroe Ettore: Andromaca. Per la prima volta viene introdotta nel VI libro dell’Iliade, all’interno del quale partecipa a un toccante e tenero dialogo con lo sposo e a un breve momento di riunione familiare anche col piccolo Astianatte. Proprio in questo frangente traspaiono vistosamente le sue peculiarità principali, ai tempi generalmente riconosciute come tipicamente femminili, anche perché più adatte al lavoro domestico e manuale che alla vita pubblica e alla guerra: la forte emotività e l’attaccamento alla sfera familiare e affettiva.
Una donna molto simile ad Andromaca la incontriamo invece nell’Odissea: si tratta di Penelope, regina di Itaca e moglie del protagonista Odisseo. L’analogia tra i due personaggi sta proprio nella loro grande esternazione delle emozioni, tipico comportamento del genere femminile e invece pudicamente evitato e nascosto dall’uomo, salvo rare eccezioni. A tal proposito, è necessario citare un episodio emblematico inserito nel I libro dell’Odissea, dove il cantore Femio narra alla corte di Itaca le vicende riguardanti i “nostoi”, cioè i ritorni dei vari eroi da Troia, fra i quali proprio Odisseo, che ancora non aveva raggiunto la patria.

Penelope, addolorata dal ricordo del marito, dopo essere uscita dalle sue stanze, chiede all’aedo di trattare degli argomenti che non siano per lei tanto penosi, ma il figlio Telemaco, con tono secco e irritato, la rimprovera e le ordina di tornare da dove era venuta per dedicarsi alla filatura, nonostante fosse per lui la figura materna e la stessa regina. Altro aspetto intrigante di Penelope è la sua grande fedeltà verso Odisseo, che rispetterà anche a costo di ingannare per un lungo periodo di tempo gli arroganti proci, resistendo alle loro pressioni, mentre il marito, invece, non si preoccupava di avere un’appassionata relazione con l’affascinante Circe. Proprio questo rapporto coniugale, che ritroveremo in molte altre culture e in tempi sorprendentemente recenti, è quello che lega nell’Iliade Ecuba al re Troiano Priamo, le cui mogli, schiave e amanti, non erano di certo un segreto.
In conclusione, possiamo fortunatamente constatare che i diritti sociali e giuridici della donna moderna non sono minimamente paragonabili a quelli delle donne dell’antichità, prova dei grandi obiettivi che sono stati raggiunti dalle lotte femministe per una maggiore parità di genere. Molti però sono ancora i passi da compiere per eliminare definitivamente ogni tipo di disuguaglianza sociale, politica ed economica tra i due sessi.

Autore

Riccardo Meco

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