“ ‘Ce la caveremo, vero, papà?’
‘Si. Ce la caveremo.’
‘E non ci succederà niente di male.’
‘Esatto.’
‘Perché noi portiamo il fuoco.’
‘Si. Perché noi portiamo il fuoco.’ ”
Un padre e un figlio camminano incessantemente lungo una strada attraverso un mondo annientato, sfigurato, grigio. Attorno solo rovine, ceneri, i resti di una terra erosa e sventrata. Consumati da un freddo glaucoma costante, i due seguono la via in direzione sud per raggiungere l’oceano, una salvezza. Trascinano con sé solo un vecchio carrello logoro con all’interno qualche telo di plastica e alcuni rimasugli di cibo rimediati in qualche edificio abbandonato: una lattina, un torsolo di mela, semi di fagioli contati da dividere…
“La Strada”, pubblicato nel 2006 e vincitore del premio Pulitzer l’anno successivo, portò alla definitiva consacrazione di Cormack McCarthy estendendo la sua fama letteraria oltre i confini statunitensi. Ad oggi, l’autore è compreso a pieno titolo tra i migliori esponenti della letteratura contemporanea americana, accanto ad altri grandi nomi quali Roth, Franzen, King.
Con “La Strada” McCarthy si affaccia al genere post-apocalittico, accostandosi, per alcuni, all’area distopica. La causa della devastazione non è approfondita e altresì non è chiara la destinazione di questo viaggio estenuante. Tutta la narrazione è interamente incentrata sul cammino stesso e sulla condizione del padre e del figlio, i quali danno sostanza alle pagine con i loro stati d’animo e le loro angosce. È indubbiamente nello scavo psicologico dei personaggi che dalla penna di McCarthy emerge una potenza evocativa unica: magistralmente sceglie uno stile secco e minimalista, essenziale ed emaciato come lo stato dei protagonisti privati del nome. I paragrafi vengono separati da lunghe pause di spazi bianchi; così per il lettore rimangono in sospeso le paure e le speranze dei due, condensate poi in dialoghi dal retrogusto amaro. La domanda è: Perché andare avanti? Ha davvero senso continuare a camminare? Tutto intorno infatti è solo morte e i pochi che ancora vivono – oramai mossi dal solo spirito di sopravvivenza – sono ridotti a uno stato primitivo, spinti ad agire da impulsi primordiali. Trascinati anche noi dall’affanno e dal turbamento della lettura, seguiamo quest’Odissea fino a una conclusione efficacemente intensa, che non risparmia di certo la commozione. Decisamente da leggere tutto d’un fiato, è consigliato a chi è alla ricerca di una storia potente o della prosa densa di un autore ancora tutto da scoprire.