Dopo ben cinque mesi di sciopero sembra che la WGA (Writers Guild of America), il sindacato di attori e sceneggiatori, e il SAG-AFTRA, il sindacato principale degli attori di Hollywood, abbiano raggiunto un accordo con la AMPTP (Alliance of Motion Picture and Television), l’associazione dei produttori Studios di Hollywood. La manifestazione è iniziata il 2 maggio di quest’anno ed è stato uno degli scioperi più lunghi di Hollywood. Ha contato all’incirca 76 mila aderenti (11 mila sceneggiatori e 65 mila attori), e ha causato la perdita di ben 5 miliardi di dollari. Rappresenta inoltre un evento unico nel suo genere, poiché è la prima volta dal 1963 che sceneggiatori e attori uniscono le proprie forze per protestare contro una società che non riconosce loro adeguati meriti e diritti. Ma cosa prevede questo accordo? Quali erano le ragioni della manifestazione? E, soprattutto, che conseguenze avrà sul mondo dello spettacolo? In questo articolo cercheremo di rispondere a queste domande.
No all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, maggiore retribuzione, migliori condizioni di lavoro, contributi per le pensioni, assicurazione sanitaria e percentuale sui guadagni dai profitti dello streaming: queste che avete appena letto sono solo alcune delle tante rivendicazioni che hanno spinto questi lavoratori a scendere in piazza per lottare contro una società in continua evoluzione che li sta, man mano, lasciando da parte. Se si pensa ad attori internazionali del calibro di Matt Damon, Cillian Murphy, Robert Downey Jr e tanti altri, alcune tra queste richieste possono sembrare arroganti e fuori luogo date le cifre astronomiche da loro guadagnate, ma non bisogna dimenticare i piccoli e medi lavoratori del settore, per i quali questa sempre più forzata tendenza al risparmio, potrebbe significare la rovina. Tra le varie motivazioni sopra elencate riteniamo che, almeno un paio, meritino di essere approfondite.
Gli sceneggiatori richiedono che l’intelligenza artificiale non venga usata per scrivere copioni, gli attori, invece, pretendono che non venga impiegata dalle case di produzione per replicare il loro volto e poterlo, così, riutilizzare per altri film senza avere bisogno della loro presenza fisica in studio, dovendoli così pagare una sola volta.
Per entrambe le categorie l’intelligenza artificiale, se utilizzata senza remore, può rappresentare una grave minaccia. Più specificatamente, la proposta di scannerizzare i volti degli attori per pagarli una sola volta rappresenta un tentativo da parte dei produttori cinematografici di ridurre i costi di produzione. Questa tecnologia potrebbe essere utilizzata per creare una sorta di clone digitale degli attori, che permetterebbe la realizzazione di scene e sequenze aggiuntive senza la presenza fisica di questi. In teoria, ciò potrebbe ridurre la necessità di ulteriori compensi agli attori per riprese supplementari o per la distribuzione internazionale dei film, cosa che, giustamente a nostro avviso, loro non accettano. Ma non sono solo i soldi a far preoccupare gli attori: l’intelligenza artificiale, infatti, svaluterebbe il loro contributo fisico sul set, stroncherebbe gran parte della loro carriera e creerebbe loro problemi riguardo la gestione della privacy e la sicurezza dei loro dati personali (la loro immagine potrebbe infatti essere impiegata impropriamente). Ma allora cosa si può fare per ovviare a questo problema? La soluzione migliore, a nostro parere, sarebbe una ferrea regolamentazione sull’uso di questi cloni che, in alcuni casi, se impiegati coscienziosamente, potrebbero tornare anche molto utili. La produzione di un film potrebbe, ad esempio, procedere anche con la mancanza di un attore durante una sessione o, ancora più importante, si potrebbe portare a termine una serie nel caso in cui un attore dovesse venire a mancare quando questa è ancora in corso d’opera. Insomma, di aspetti positivi sicuramente non ne mancano, ma lo stesso vale per quelli negativi, i quali fanno legittimamente sorgere delle preoccupazioni nell’animo dei diretti interessati.
Anche le piattaforme di streaming hanno un ruolo cruciale nello sciopero: per chi non lo sapesse, infatti, gli esperti del settore vengono remunerati in base a quante volte il loro prodotto viene visualizzato e, soprattutto, basandosi su quanti DVD vengono acquistati del suddetto; tuttavia i diritti per attori e sceneggiatori sono molto inferiori per quanto riguarda i prodotti in streaming, e i sindacati chiedono che le modalità di pagamento vengano riviste. Una testimonianza di quanto detto è stata fornita da Ethan Drogin, sceneggiatore di alcuni episodi della serie televisiva “Suits”, che è stata trasmessa per ben 3,1 miliardi di minuti al momento del suo approdo su Netflix. Quanto ha ricevuto per un episodio che ha sceneggiato? 259$. Ma come mai venire retribuiti per i “residuals” dalle piattaforme di streaming è così difficile? Semplicemente i colossi del settore tengono nascosti i dati sull’audience, dunque i creatori non sanno quanto vale realmente il loro show.
La protesta ha portato anche a diverse complicanze nel mondo del cinema e dello spettacolo: numerose produzioni la cui uscita era stata annunciata per i mesi a venire sono infatti state interrotte proprio per la mancanza sul set degli elementi fondamentali: gli attori, senza i quali l’elaborazione di queste non può procedere “come da copione”. Tra le serie la cui produzione è stata sospesa e la cui programmazione subirà dei ritardi ci sono, scrive l’agenzia AP, Emily in Paris, Grey’s Anatomy, Stranger Things e The Last of Us (solo per citarne alcuni). Stessa sorte è toccata a molti film, che saranno rimandati alla prossima primavera, se non al 2025, quali, ad esempio, Deadpool 3, Mission Impossible: Dead Reckoning Part II, Gladiator 2, Spider-Man: Beyond the Spider-Verse e The Lord of the Rings: The War of the Rohirrim.
Questo è sicuramente ciò che ha creato il disagio maggiore sia tra le grandi aziende produttrici, che vedono come congelati quelli che dovevano essere i loro imminenti guadagni, sia alle piattaforme di streaming, i cui cataloghi non subiscono importanti rinnovamenti, ma anche allo stesso pubblico, che dovrà aspettare ancora di più per l’uscita dei grandi titoli in cui tanto sperava. La combinazione di tutti questi fattori, se protratti a lungo nel tempo, potrebbe poi portare ad altri aggravamenti. Gli abbonati, non vedendo tra i cataloghi nuovi interessanti titoli, potrebbero ad esempio decidere di interrompere le proprie iscrizioni alle più importanti piattaforme di streaming, recandogli, così, un significativo danno economico. Alla fine si parla sempre di questo, del denaro, l’unico veramente in grado di far muovere il mondo. Non è forse così? Quando si tratta soldi il dormiente mondo si risveglia improvvisamente, come scosso da un terremoto. Ed è proprio su questo che i manifestanti fanno leva per essere ascoltati; fermando le produzioni stanno infatti bloccando anche importanti guadagni ai quali sicuramente le aziende e le piattaforme non sono pronte a rinunciare.
Ma torniamo all’accordo: i dettagli sono ancora per la maggior parte ignoti: «Anche se non vediamo l’ora di condividere con voi i dettagli di ciò che abbiamo ottenuto, non possiamo farlo finché non avremo messo l’ultimo puntino sulla “i”», queste le parole della WGA; tuttavia, secondo il New York Times, gli sceneggiatori sarebbero riusciti a ottenere la maggior parte delle loro richieste, tra le quali l’aumento della paga minima, garanzie durante la fase di scrittura e percentuali di diritti d’autore più alte dai prodotti in streaming, ma purtroppo non sono trapelate informazioni sulla questione delle intelligenze artificiali.
Da tenere in considerazione è anche la categoria degli stuntman che, con degli effetti speciali sempre più realistici, stanno venendo man mano messi da parte.
Tra le varie conseguenze dello sciopero troviamo la posticipazione degli Emmy, in quanto gli organizzatori del colossale evento, previsto per il 18 settembre del 2023, si sono trovati costretti a spostarlo al 15 gennaio dell’anno seguente per paura che potesse accadere una vicenda analoga a quella della preview Londinese di Oppenheimer, durante la quale alcuni attori del cast principale, come Cillian Murphy, Robert Downey Jr. e Matt Damon, hanno lasciato l’evento per partecipare alla manifestazione.
Conclusa la protesta degli sceneggiatori e degli attori, potrebbe a breve iniziarne anche una degli artisti di videogiochi, che chiedono una retribuzione più alta, cure mediche, pause per gli artisti di motion capture e la protezione contro l’intelligenza artificiale.
Speriamo di essere stati esaustivi e non troppo noiosi. Ora lasciamo spazio alle vostre riflessioni: cosa ne pensate della manifestazione? Ritenete che attori e sceneggiatori, visti i loro enormi patrimoni, la stiano tirando troppo per le lunghe? Pensate forse che le loro preoccupazioni siano infondate?
In ogni caso, troviamo molto coraggiosa la decisione presa da questi lavoratori, trovatisi uniti sotto un fronte comune, di ribellarsi contro i soprusi che sono stati costretti a subire. Manifestare per i propri diritti dovrebbe essere una libertà inalienabile di tutti noi e questo sciopero dovrebbe esserne la dimostrazione. Prendiamo dunque esempio da loro e non tacciamo davanti a ciò che riteniamo ingiusto, ma facciamoci sentire per far sì che questo possa essere migliorato.