Shutdown

Una placida oscurità calava dalla finestra e, mentre il brusio delle persone che affollavano le strade diventava sempre meno intenso, si poteva quasi distinguere il ticchettio delle lancette.
Purtroppo non era quella la sera in cui mi sarei potuto fermare a contemplare la quiete che sembrava diffondersi nell’aria e pervadere la stanza: avevo qualcosa da fare. Mi distesi sul letto, poggiai la testa sul cuscino, chiusi gli occhi e provai a rilassarmi. Mi addormentai.
Così facendo avevo appena infranto La Regola, ne ero consapevole, e questo quasi mi rendeva fiero. Quando mi svegliai non ero più sul mio letto: ero in una capsula, in una cellula.
Mi guardai intorno: migliaia di persone attorno a me, forse anche milioni, si muovevano senza sosta nella loro cellula… Loro obbedivano ancora alla Regola.
Poi lo vidi. Guardandolo un brivido mi attraversò la schiena fino al collo, una lacrima scese lentamente per la mia guancia: ce l’avevo fatta.
Mi liberai dalle cinghie che mi avvolgevano e aprii la mia capsula.
Mi diressi a passi lenti verso ciò che da secoli regolava le vite di tutti gli abitanti del mondo, le nostre vite.
Mi fermai a pensare per un attimo. L’esitazione che mi bloccava era solo consapevolezza, la consapevolezza di quello che sarebbe successo di lì a poco.
Guardai per un’ultima volta quel mosaico di cellule, allo stesso tempo affascinante e inquietante.
Presi un bel respiro e mi concentrai.
Posai il dito sul pulsante che recitava “Shutdown”.
Bastò un piccolo movimento, una lieve pressione, e tutto cambiò.
La Macchina era spenta.

Autore

Carlo Emanuele Macchia

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